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La Medina di Tunisi è molto antica, datata VII sec. d.C, estesa per trecento ettari e animata da un decimo della popolazione di Tunisi. Essendo effettivamente molto abitata rispetto ad altre, ospita un gran varietà di hammam, madrase, fondouk e dar tutt’ora in funzione, oltre alla grande Moschea di Al-Zaytuna. Commissionata dall’allora sovrano omayyade nell’VIII secolo, è l’attuale seconda moschea più vasta della Tunisia, dopo il complesso di Kairouan.
Noto centro di diffusione della cultura islamica, un tempo Al Zaytuna era sede dell’Università di studi religiosi, poi dimessa dal laico Habib Bourguiba a metà degli anni Cinquanta, nonché dal successivo Zine El-Abidine Ben Ali, nel tentativo di comprimere l’influenza del partito islamista di Ennahda. Lo stesso partito che, fino alla rivoluzione dei gelsomini del 2011, era stato fuorilegge per via della sua affiliazione al movimento dei Fratelli Musulmani, con il leader Rachid Gannoushi relegato all’esilio londinese. Tornato in patria, lo stesso porta il partito alla vittoria alle elezioni costituenti del 2011, registrando il 37% dei voti: si parla di primavera araba, di rinascita democratica, di islamismo democratico. Un fuoco di paglia, in realtà, a parte la vittoria dell’attuale prima sindaca donna di Tunisi Souad Abderrahim, che a questo partito appartiene. La perdita di consensi dopo un decennio di governo di coalizione è inesorabile, la rinascita che la rivoluzione avrebbe dovuto promettere collima con la dilagante crisi economica, la corruzione, l’inflazione, l’indebitamento estero. E’crisi politica, e il Presidente della Repubblica Kais Saied scioglie il Parlamento nel luglio del 2021, scrive una nuova Costituzione che riduce le prerogative delle Camere e l’indipendenza della magistratura, il popolo la approva. Poi, però, alle successive elezioni parlamentari emerge la disaffezione elettorale, solo il 9 % degli aventi diritto si reca alle urne. Un’astensione record a livello mondiale. Il Museo del Bardo, che tanto volevo visitare, per via della più ricca teca di mosaici romani al mondo, è chiuso al pubblico proprio perché adiacente alla sede del Parlamento, interdetto. Saied, arroccato nella sua reggia/sede presidenziale magnifica sui lidi cartaginesi, fa arrestare Rachid Gannouchi nell’aprile 2023, che inizia lo sciopero della fame dalla prigione. A condividerne la detenzione, vi sono svariati altri giornalisti e oppositori del regime. D’altronde siamo nel Maghreb, nessuno aveva creduto alla possibilità di un’estemporanea invenzione di democrazia, quando insigni analisti parlavano del virtuoso “modello tunisino” nel 2011. Almeno, io non ci avevo creduto.




Downtown – Avenue Bourguiba
Comunque, dopo essere stati adescati da uno strambo in cerca di mance che si prodiga per consigliarci il ristorante più local di Tunisi, Chez Slah, adocchiamo la chiesa greco ortodossa di San Giorgio nella downtown. La storia di questa comunità mi incuriosisce, che ci fanno qui? Nel 1649, i primi schiavi greci affrancatisi dall’occupazione ottomana si concentrarono a Tunisi, Sfax, Djerba. Nell’Ottocento, anche l’ex Gran Visir Khaznadar era originario di un’isola greca, Chio. Integratisi pienamente nella società tunisina, durante il periodo coloniale i greci appresero il francese, mantenendo l’uso del greco nella liturgia ortodossa, che in Tunisia si contamina tutt’ora frequentemente con quella ortodossa russa, spesso infatti i rispettivi sacerdoti officiano insieme. Con il 99% della popolazione di religione islamica, la Tunisia oggi sembra continuare ad essere lo stato repubblicano ed aperto costituito da Habib Bourguiba nel 1956, un carrefour di civiltà e religioni, diversamente dai paesi limitrofi, più chiusi e conservatori. Continuerà ad esserlo? Mah, la Costituzione del 2022 lascia aperti degli scenari, nell’ambiguità dell’ Art. 5 – La Tunisie constitue une partie de la nation islamique. Seul l’Etat doit œuvrer, dans un régime démocratique, à la réalisation des vocations de l’Islam authentique qui consistent à préserver la vie, l’honneur, les biens, la religion et la liberté.


Rincasando per cena in Medina, a proposito, ci imbattiamo nel centro culturale intitolato a Taher al Haddad (1899-1935), l’intellettuale visionario che, incompreso e per questo reietto, scrisse nel 1930 La nostra donna nella sharia e nella società, alla base di quello che nel 1957 divenne il nuovo codice della famiglia, sempre grazie a Bourguiba. Lo stesso codice che ha rivoluzionato il sistema legislativo e affermato il principio di laicità e uguaglianza a garanzia dei diritti fondamentali della persona, svincolando il matrimonio e la posizione della donna nella famiglia e nella società dal diritto musulmano. Questo testo, benedetto, abolì la poligamia, creò una procedura per il divorzio, vietò i matrimoni forzati. L’influenza di al Haddad fu così cruciale da mettere in discussione l’eredità del potere coloniale, ridiscutendo l’identità culturale del paese, tant’è che tutt’ora i gruppi estremisti e il partito Ennahda ritengono ancora valida la “scomunica” (takfīr) tramite cui circa un secolo fa la Moschea di Al Zaytuna dichiarò al-Ḥaddād nemico della nazione islamica, lo stesso istituto dove l’intellettuale si era formato. Nello stesso clima, dopo un certo tempo, è stata di recente attaccata la statua di al-Ḥaddād nel suo villaggio natio, nell’area di Gabes.


A raccontare la storia del riformatore più rivoluzionario del XX secolo in Tunisia è il riuscito espediente letterario di Amira Ghenim, La casa dei notabili. Il romanzo tratta la storia di undici personaggi intrecciando la microstoria intergenerazionale di due famiglie di notabili tunisini della capitale con gli eventi della macrostoria pubblica e nazionale, dall’inizio del ventesimo secolo fino agli albori della primavera araba. Inavvertitamente, Al Haddad, di umili origini, si innamora della bella, colta e altoborghese Zubayda, appassionandola alla lingua e cultura arabo-islamica tramite le sue lezioni, che integrano la formazione franco-coloniale della giovane ragazza dell’alta società. Sotto queste vesti, non solo al Haddad emerge come fiero araldo della cultura arabofona, ma nel corso del romanzo si rivela anche come attivo co-fondatore, assieme a Muhammad ‘Alī al-Ḥāmmī, del primo sindacato tunisino (1924). Attraverso la voce di Zubayda, degli altri personaggi, amici e nemici, Al Haddad si distingue come figura storica decisiva e chiaroveggente nel contesto di una classe intellettuale e dirigenziale che mancando di visione politica è intenta a difendere i propri privilegi e a blindare la propria reputazione nell’omertà delle più soffocanti convenienze. Sul finire del romanzo, la voce della nipote di Zubayda, Hind, narra come gli eventi degli anni trenta del Novecento incidano ancora sulle cifre della contemporaneità. Racconta dei fatti drammatici che hanno riguardato la Tunisia dai sanguinosi moti del pane del gennaio 1984 fino alla rivoluzione del 2011, denunciando l’ipocrisia della sinistra tunisina che, cavalcando deliberatamente le rivoluzioni, ha comunque continuato a stagnare in una mentalità retrograda e maschilista.
E quindi, a margine di questo libro e di fronte al centro culturale di al-Haddad mi chiedo..dopo sessant’anni anni, come coesistono ancora le leggi e le pretese di laicità con il ricco sostrato culturale musulmano? E’possibile immaginarne una sintesi preziosa, o è pura utopia?

In fondo..è solo il tempo, sul calar del sole, per un buon calice di vino. Un Magon dei vigneti di Cartagine, il cui nome ricorda un celebre agronomo punico. Intenso, strutturato, ottimo per la meditazione, soprattutto sui tetti del Dar El Jeld, un incantevole antico palazzo alle porte della Medina, accanto alla Kasbah. E’ una serata frizzantina, ventilata, come molte di quelle che si trascorrono nel nostro Mediterraneo. Ci raccogliamo attorno a un elegante tavolo bianco, stanchi, coccolati dalle note sensuali delle chansons francaises, a ritmo di sax. Chiedo una pashmina per proteggermi dalla repentina frescura che sempre incalza le notti estive in prossimità del mare, mentre aspetto, sui piatti tetti bianchi di Tunisi, di vedere che il sole africano si cali a colorarli di arancione, rosso, viola, azzurro..
