Una distesa arida e secca, sembra una piana lunare Ankara, la capitale di Turchia, mentre atterro nel buio di novembre.
Fuori dall’aeroporto mi aspetta R, accogliente, seppur timido, i denti un po’ consumati dal fumo, l’alito impaccato dalla giornata di lavoro e dal tabacco. Sembrava così socievole su whatsapp, ora l’imbarazzo di scegliere cosa dire, dopo uno scalo e la sola voglia di raggiungere la mia camera d’albergo. “Ad Ankara tutto tranquillo” dice. Il giorno prima, domenica 13 novembre, in Istikbal Caddesi qualcuno ha acceso il fuoco, provocando sei vittime e ferendo circa ottanta vittime. “D’altronde non capitava da un po’..dal 2015 mi pare”, borbotta. Il traffico delle diciotto affolla anche la grigia capitale turca, dopo circa un’ora ci infiliamo nelle corsie di condomini, di parchi incolti e imponenti statue celebrative, mi sembra di essere a Tashkent, o nel generico Sovietistan. Che ne è dei fasti della Città? Arrivo al Neva Palas Hotel, un veloce commiato e sono presto in camera. Non dovevo riposare?
In meno di mezz’ora sono in Kizilay street, dove affollate çayhane e coffee shop si aggrovigliano suonando melodie tradizionali, o occhieggiando ad atmosfere hipster, condite da flat white e vegan brownies. Sono nella strada dello shopping e della vita notturna, giovani ragazzi vestiti all’ultima moda affiancano uomini di mezza età con fez e bicchieri di çay, alcuni di loro si raccolgono attorno a dei tavoli per giocare a carte, alcune donne velate confabulano da Starbucks affollando i tavolini da nylon di symit acquistati al mercato, talvolta in compagnia di coetanee in minigonna. Attraverso gli innumerevoli baracchini di cellulari e borse contraffatte e mi intrufolo in un grande mall, mi hanno detto che li c’è la Turkcell, nel seminterrato. Una baracca. Provo a farmi una sim, due pacioni si stanno smezzando un burek e accettano di interrompere lo spuntino facendomi il prezzo di 250 lire, che a distanza di 5 minuti diventano 450 lire. Almeno mi consolo allo Yelken Balik, un rinomato ristorante di pesce un p’ più a sud della città, nella zona diplomatica di Ankara.
Che cos’è una serata turca senza un mix di mezze di giornata scelte in vetrina? “Che ne è di Kizilay street”, penso, gustandomi dell’ottimo branzino marinato alla salsa di limone. Sembra un’atmosfera così newyorkese, così chic, quella del ristorante. Schiava delle prime impressioni mi chiedo.. “Beh, quante Ankara ho già visto in un paio d’ore?” Non ho voglia di rispondere, ordino il mio uber per rientrare in albergo congelata, l’escursione termica dell’Anatolia si fa sentire.
Le prime sere in albergo serbano sempre un fascino singolare, quando avvengono in città sconosciute. Incuriositi, ma impacciati, cerchiamo il nostro posto del mondo, cercando estemporaneamente di creare rituali inediti nel tentativo di sentirci a casa, di collocarci. Accendo sempre la tv per farmi compagnia, evitando di scaldare il bollitore per sorseggiare qualcosa, è sempre così pieno di calcare. A volte chiamo il servizio in camera per ordinare qualche sciocchezza, mi sembra di coccolarmi un po’, come se nelle cucine di hotel il calcare non.. ”Ankara: CIA chief William Burns meets Russian spy boss Sergey Naryshkin”. Al Jazeera irrompe dalla tv nei miei pensieri, distraendomi dalle manie, transitandomi verso altre, sono forse nel luogo di una spy story? No, è realta. Chissà dove si sono incontrati, sono così emozionata. Mi infilo a letto.
Zzz…