Sognavo di intraprendere questo viaggio fin da piccola, fulminata dalla civiltà dei faraoni, gli “astri del mattino e della sera”. Ricordo che a otto anni avevo anche assemblato del papiro essiccato e realizzato il mio primo pezzo di carta, fantasticando sul famoso limo della valle del Nilo. Crescendo, a dieci anni dalle proteste di Piazza Tahrir, ho provato a capire cosa ne restasse di quel passato gigantesco, di fronte a noi, giù in Levante, e che cosa significasse l’Egitto oggi. Atterrata a Luxor, mi sono imbarcata su una motonave sul Nilo, attraccando a Edfu, Esna, Kom Ombo, File, Assuan, Abu Simbel, poi con un volo interno ho raggiunto il Cairo e Giza.
Ho portato a termine questo racconto di viaggio, forse perché con gli anni subentrano più o meno delle esigenze di compiutezza, o più che altro perché sentivo il bisogno di tirare delle somme sulla complessità, sui chiaroscuri di un paese che sa intimorire nel presente, e al contempo interdire, tramite le incomparabili vestigia del passato.
E’una giornata afosa e calda, il vento del sud non soffia, e così tramonta anche il sogno della nostra escursione in feluca attorno all’isola Elefantina. La facciamo in barca a motore, piuttosto
Sono le 4 del mattino, attracchiamo ad Aswan, svegliate di soprassalto dal motore roboante della nostra motonave. Aswan l’indolente, la “migliore città dell’Egitto”.. la definiva Omar Sharif, chissà cosa intendeva. Noi, poco
Sono le dieci di sera, stiamo aspettando di allacciarci alle altre motonavi per attraccare a Kom Ombo. Una fitta nube di inquinamento ci impedisce di respirare, sostiamo ancora venti minuti, alcuni si
Ogni giorno offrono il tè delle cinque sul ponte, qui nella motonave sul Nilo. I greci chiacchierano fino all’ora di sera, gli italiani si abbronzano in costume, spuntano anche alcuni tedeschi, sennò