Sulle tracce di Cettigne – Montenegro
Viaggio tra le Bocche di Cattaro, le serpentine e la microstoria italiana dei Balcani
Sono sulle Bocche di Cattaro, in cima ad un’altura scoscesa che mi consente di dominarle notandone le varie insenature, il panorama è mozzafiato. Questo specchio d’acqua, riparato e protetto da una serie di fiordi che risalgono nell’entroterra, è stato per secoli base navale inespugnabile della Serenissima di Venezia, poi dell’Impero austro-ungarico…

È stata colpa di Carlo Yriarte e del suo diario di viaggio “Montenegro”, dove descrisse i montenegrini come un popolo indomito, guerresco, fiero. Mi incuriosii…
Per arrivarci lascio di buon’ora la vista delle Bocche di Cattaro e inizio a risalire l’entroterra montenegrino attraverso il precipizio della serpentine, una delle strade più pericolose d’Europa secondo Google…


Poi approdo a Cettigne, di fatto un grande villaggio placido e silenzioso dove ancora ha sede la residenza del Presidente del Montenegro…


La storia identitaria del Montenegro odierno nasce qui. Nessuno parla inglese, al massimo si parla un po’ di italiano o russo. Mi siedo per dei cevapcici fumanti e una birra Niksicko alla locanda Crna Gora…


Ed è qui che entra in gioco l’Italia, quando al Palazzo Reale di Cettigne accedo alla stanza di Elena del Montenegro, ex sovrana del Regno d’Italia…


“Sa signorina, questa è una sorta di Casa Italia! La nostra principessa Elena ha fatto così tanto per il vostro paese, che amiamo!…”
“Beh” commento “cosa ne pensa di quello che accadde dopo? In fondo Mr Woodrow Wilson fu molto creativo nell’inventare la Jugoslavia alla conferenza di Versailles”.
“L’annessione alla Jugoslavia fu un duro colpo per tutti noi…”
“E che ruolo ebbe la Regina Elena, ammesso che ne abbia giocato qualcuno?”
“L’ha vista l’Ambasciata Italiana di Cettigne? Noi tutti montenegrini siamo grati a quell’edificio…”
“Ma come, di fatto non era questa un’occupazione?”
“Certo, ma gli anni del 41-44 furono gli unici anni di intensa montenegrinizzazione dei serbi nel nostro territorio.”
“Che parola paurosa!”
“Lei dice. Io credo invece che tutto sarebbe proceduto per il meglio se a guidarci sarebbero stati sempre gli italiani…”
“Avevo sempre creduto che il progetto jugoslavo fosse stato ritenuto vincente dai popoli balcanici.”
“La Repubblica Socialista di Montenegro è stata un capitolo della nostra Storia, forse necessaria…”
“Ancora con questi serbi!”
“Pensi, cara, fino al 2006 ci chiamavamo ancora Serbia e Montenegro… Ora è tutto da scrivere, siamo uno stato piccolo, pacifico, ma così bello. E mi creda, non dimenticheremo mai quello che l’Italia ha fatto per noi.”
Io continuo a serbare le mie perplessità. Ma conviene sovrapporre la mia sovrastruttura a fatti che successero ottant’anni fa?… Però, che storia.
“Mi saluti il Bel Paese, cara signorina, e si ricordi di raccontare le storie del Montenegro ai nostri amici italiani!”
E da Cettigne, Montenegro, è tutto – dettagli di inaspettata microstoria italiana inclusi. Piccolo e determinato, si affaccia ancora una volta alla famiglia delle nazioni globali. Resterà solo una meta turistica di pregio e sofisticatezza? Chi lo sa. Oggi il paese ha quindici anni, e la sua storia è ancora tutta da scrivere.
Ćao!


