Potlaҫ alla turca

Questa è la storia di un ragazzo che oggi posso definire amico. Una storia iniziata per lavoro, che mi ha portato ad imbattermi in una realtà, uno strato sociale, un modus vivendi, e dei personaggi con cui oggi mi sono abituata ad interagire nella mia adorata Turchia. Qui descriverò il chiaroscuro di un personaggio che potrebbe sintetizzare molte caratteristiche di una determinata categoria sociale del paese, la quale ho imparato conoscere e a filtrare nonostante le criticità che ogni donna occidentale può inizialmente dover affrontare viaggiando sola, per business, in un paese in cui la locale partecipazione femminile al lavoro si aggira ancora attorno il 34% secondo i dati ILO. Tramite il racconto del mio incontro col protagonista descriverò il potlaҫ, una forma di cerimoniosa “accoglienza” che spesso capita di ricevere in queste parti del mondo. Che è successo poi? Beh, credo che oltre agli “scuri” io abbia in seguito conosciuto anche i “chiari” di un essere umano che oltre ad appartenere ad una classe privilegiata e potente di questo paese, possieda un cuore grande, le più comuni debolezze, il desiderio di ricondursi alla semplicità e alla ricerca dei veri legami affettivi. Ma questa è un’altra storia, forse, di cinnamomo.

Istanbul Airport, ore 15.30

“Non sono andato a prendere all’aeroporto nemmeno Mr X (Autorità nel mondo del caffè)”.

Ecco il benvenuto di Othman*(pseudonimo di convenienza), 37 anni, ricco rampollo di un colosso turco di construction, energia, servizi turistici e national security, fondato da uno dei primi deputati del Parlamento di Ataturk. Si occupa nel tempo libero anche del suo un giocattolino personale, ossia un’azienda nel beverage con cui pare ci possa essere del margine di cooperazione, vuole “aiutarmi”. “Aiutarmi?” Presupposti fantastici. L’ho conosciuto tramite contatti incrociati, e, dopo una telefonata assordante, abbiamo organizzato un incontro in Turchia, così è iniziata una nuova, delirante, avventura.

Potlaҫ alla turca

Salita nella sua auto, il ragazzo c’ha tenuto a specificarmi che era la prima volta che pagava un parcheggio al posto del suo driver. “Non so come si usi questa cassa automatica”, chiarisce. “Ha quel classico profumo levantino, stucchevole..”penso, prima che riproduca una playlist personalizzata perché “possa rilassarmi e sentirmi a mio agio nella conversazione in auto”. Il ragazzo si piace molto, ritiene di dovermi tranquillizzare. Lo informo che sono una persona generalmente rilassata..che non si preoccupi. Credo sarà una lunga giornata.

Arriviamo in una tenuta di tot acri in chissà che parte di Istanbul metropolitana. “Qui è dove sono cresciuto, è tutto nostro, la foresta, il lago, abbiamo costruito tutto noi qui, quella è la casa di Ozil, lo conosci? E’ un buon amico, un vero musulmano, un po’ troppo islamico, ma un grande amico di Erdogan. Mi ha chiamato il presidente del Fenerbahçe per chiedergli di affittargli l’appartamento, sai mio zio è vicepresidente della società. Mia mamma poi ha insistito e ho dovuto cedere, anche se indirettamente ho fatto un favore a quello stronzo di mio padre. Mio padre è anche una delle ragioni per cui per ripicca tifo Galatasaray.” “Segui anche la pallavolo? Conosci Paola Egonu?” chiedo. “Ah certo, la black girl! E’lesbica! Io sono un ex pallavolista, in estate gioco a beach volley a Bodrum con Calhanoglu, a proposito, sai che tutta la marina di Cesme e Marmaris l’abbiamo costruita noi? Cosa fa il tuo ragazzo?” chiede, infilando una serie sconnessa di domande. “E’ un architetto”. “Dovreste venire a Cesme!”. Da quanti anni state assieme? Quattro? E perchè non vi sposate? Beh insomma vedi tu, l’importante è che abbiate dei figli, è la cosa più bella del mondo”. E mi mostra le foto delle sue due gemelle di cinque mesi. “UNBELIEVABLE experience avere figli”! Unbelievable sarebbe stata una parola leggermente inflazionata nel corso della giornata.

Vengo accolta da delle guardie del corpo all’entrata della sede. Mi fanno accomodare di fronte a un caminetto “acceso apposta per te Claudia”, sebbene fuori siano 20 gradi..

La lobby è indubbiamente molto carina, l’intero stabile è stato progettato da un noto architetto italiano di cui non ricordo il nome, e impreziosita da ricercati oggetti di design. Prima di iniziare a trattare il merito del nostro incontro mi viene chiaramente offerto proprio lui…il çay. In quel momento “ci tiene a conoscermi, visto che sono italiana,” l’ingegner Y, con un sorriso finto e bianchissimo alla Donald Trump. Il tale è vice presidente della holding, formatosi in California (“ah in quegli anni si che mi sono goduto la vita..”), poi ritornato in Turchia per business e resosi noto nello star system turco per la relazione con l’ex moglie, una starlette serba. Si tratta pressoché di un Briatore turco, che dopo avermi descritto le sue memorabili esperienze sul lago di Como e negli autodromi italiani, quando provava le sue Ferrari e Lamborghini fresche di acquisto, mi ha in realtà interrogata sulla mia professione con attenzione e gentilezza. Ci dilunghiamo a discorrere della mia formazione, gli interessa forse per finta l’idea dei miei sogni di gloria diplomatici e vuole sapere come funziona nel dettaglio. “Sai, io ho lavorato a stretto contatto con Berlusconi tramite Astaldi..ma è un’altra storia. Si trattava di un’altra Turchia, non di quella traumatizzata da vent’anni di governo corrotto e illetterato. Othman dove porterai questa lovely lady stasera?” Othman: “Al Mandarin Oriental ovviamente, è il posto più lussuoso di Istanbul, lo sai”.

Ci trasferiamo in sala riunioni, arriva dell’altro çay. Prima passiamo in rassegna tutti i premi e riconoscimenti della holding negli anni, targhe celebrative saudite, bosniache, e quant’altro. Ok, possiamo sederci. La prima mezz’ora è necessario ascoltare Othman, freme dalla voglia di raccontarmi di come crede di aver sistemato per le feste i player del nostro settore in Turchia. Faccio finta di essere interessata e sbalordita, in parte tramite i miei contatti locali ero già a conoscenza di alcune vicende. In fondo la narrazione è condita con un certo eroismo, soprattutto quando mi narra di una magistrale visita ad Amsterdam, nella tana dei trafficanti turchi di cocaina, che Othman sarebbe epicamente riuscito a sfidare..come no.. “Non puoi capire, poi ho ospitato tutti qui, proprio dove sei seduta tu, Mr X e il suo staff, erano sbalorditi, ho risolto tutta la questione! Dietro questa porta c’erano cinque guardie pronte a intervenire.” Io, nel frattempo, continuo a ridermela sotto i baffi.

Bene, posso iniziare la mia presentazione e capisco subito che deve essere veloce. Othman è il classico bambino viziato che non sa stare seduto un secondo e deve incalzare con domande continue. Non riusciamo a finire, decide di portarmi in un supermercato per mostrarmi “come funziona” in Turchia, temo che non andremo a trattare grandi contenuti. Ma va be, dopo essersi comprato anche le barrette per i suoi post-workout (fa pilates e arti marziali), mi riporta in ufficio per aprire il tema dei prezzi e millantare varie altre cose sulla sua famiglia. Dopo aver ascoltato una serie di affermazioni caotiche e improbabili, chiedo candidamente: “Othman, perché ti interessa lavorare con noi?” “How can I say..(suo frequente intercalare con pronuncia maccheronica), sai Claudia quando ti innamori, quando perdi la testa e trascorri dei momenti indimenticabili..in tutti i sensi eheh..e poi la storia finisce? Ecco, io devo avere un ventaglio di soluzioni alternative. In più..se avessi saputo prima che eri una così kind e beautiful lady ti avrei voluto incontrare molto prima”. Con questa frase siamo pronti per dirigerci verso la cena, si sono fatte le 20.30, riesco a spiegargli che non ho nessuna intenzione di andare a cambiarmi in hotel a Beyoglu per cena, per lui (“you are a woman and you need to rest and get ready in the hotel”). Col cavolo. Me ne esco dicendo semplicemente che si è fatta una certa e consiglio di andare direttamente ad Arnavutkoy, primo perché sono affamata, secondo perché non ho intenzione di rimanere imbottigliata nel traffico della parte europea di Istanbul. Terzo, dovrei pure imbellettarmi per questo signore? Credo che il mio completo da lavoro sia sufficiente.

Cambiamo la terza vettura del giorno ed entro in un transfer privato con autista, porta blindata e vetri scuri. Prendo nota della targa. Chiamo in Italia per dare la sensazione di non essere completamente in balia di quest’esaltato. Il principino si ferma a casa ed esce tirato a lucido pronto per la serata. “Scusa ho parlato un attimo con mia moglie, quella rompi palle. Le ho regalato una range rover e intestato un appartamento e ancora non basta, deve sempre rimproverarmi per le feste che organizzo”. “Ah”.

Al ristorante

“Lei non sa chi sono io!” Othman non era contento del tavolo affidatoci. Era vicino al passaggio, di fronte alla cassa che rumoreggiava un remix di antica musica ottomana, molto orecchiabile devo dire. Spiega alla cameriera che è il nipote del deputato dell’MHP, partito nazionalista turco in coalizione di governo con l’AKP di Erdogan, e ci cambiamo prontamente di posto. “Sai, a volte uso il nome della mia famiglia, almeno a qualcosa mi serve..anche di quello stronzo di mio padre! Non sai quante volte mi ha picchiato da piccolo” “(Beh, devo dire che non è servito, penso tra me e me..)”, “sono cresciuto con un vero odio nei suoi confronti, oltre che al complesso di dover dimostrare che riuscivo a combinare qualcosa non solo per merito suo”. Io “Capisco..ordiniamo?” “Oh si Claudia, ordina quello che credi, a me basta ordinare delle ostriche fritte e del vino bianco della Tracia, per il resto scegli tu. Non ho portato qui nemmeno il team di Mister X, anche se c’è da dire che a loro ho pagato le prostitute, perciò non mi sento in debito”.

Nel tavolo adiacente erano seduti alcuni membri dello staff di Armani, che in pieno spirito patriottico mi avevano invitato ad unirmi a loro per cena. Ci avevo casualmente scambiato due parole in corridoio, sembravano dei tipi curiosi e gentili “le va di partecipare come nostra ospite?”. Dopo averne informato Othman, cosi da fare sembrare la mia presenza al suo tavolo una concessione nei suoi confronti, declino gentilmente il loro invito e inizio a godermi finalmente la vista..eravamo in una dependance a raso sul Bosforo, il mare era molto calmo, la liquidità delle onde si mimetizzava con il sempre opaco e misterioso cielo di Istanbul, divorato dalla notte.

“Dai Claudia! Non ti va di prendere una tequila, andiamo in uno dei miei locali ti piacerà, così ti faccio vedere come lavoriamo”. Non volevo assolutamente andare perché ero stanca. Me lo richiede un altro paio di volte e cedo per sfinimento. Siamo sempre ad Arnavutkoy, Othman mi rimprovera di essere un turista e di aver prenotato l’hotel a Beyoglu, invece che nella zona che conta vicino a Beşiktas, dove stanno gli ebrei. Sono proprio una sprovveduta a quanto pare. “Gli ebrei sono miei amici, anche se quando usciamo devo sempre pagare, sennò ordinano solo un caffè. Sono padroni di mezza Istanbul, ma così malati per i soldi!”.

Siamo alle porte di questo locale glamour ad Ulus, all’entrata ci sono degli ometti che ci fanno passare una volta pronunciata la parola d’ordine. Per scaricarmi del peso del mio amico, che inizia ad essere un po’ troppo amichevole, inizio a conversare a caso con una russa, dice di adorare l’Italia e di non importarsene della guerra, spera che i nostri paesi rimangano amici. Vado alla barra perché Othman non mi lascia respirare, controllo per bene le mosse del barman e mi assicuro che quello che entra nel mio shot esca direttamente e solamente dalla bottiglia di tequila. Brindiamo con il primo giro. In quel momento conosco due tizi simpatici, me li presenta Othman. Uno di loro è l’International Manager di una catena di 2000 supermercati in Turchia. E’ l’1.30 e sto avendo la prima seria conversazione di business della giornata.

Poi, costui mi racconta di quanto stiano temendo il Big Ben nella Città dopo la tragedia del sud-est della Turchia. L’ultimo grande terremoto del 1999 aveva maltrattato Istanbul, figurarsi i danni che provocherebbe ora. “Viviamo alla giornata Claudia. Tanto questa città non è più quella di un tempo. Saresti dovuta venire qui nel 2010, uscire la sera era uno spasso, tutto più libero, spensierato. Ora circola polizia ovunque, come vedi anche solo per bermi una Efes il mercoledì sera devo entrare solo nei locali che hanno la licenza per l’alcol e che possono vendere dopo le 22, e guarda caso questi locali sono sorvegliati dagli sbirri all’entrata. Questa non è la Istanbul in cui sono nato, sono un cittadino tranquillo e quasi in burnout lavorativo, chiedo pietà” “Sempre a parlare male della tua città, tanto Erdogan vincerà alle elezioni di maggio, vedrete come mi direte che avevo ragione, sono gli americani che lo vogliono al governo” dice Othman”.

Potlaҫ alla turca

Inizia ad essere brillo, casualmente gli capita di sfiorarmi il fianco. Propone la seconda tequila, poi un espresso tonic, faccio finta di bere entrambi perché non capisco da dove siano usciti. In tutto ciò, la cappa di tabacco turco mi sta asfissiando senza pietà. “Ah Claudia, se solo avessi saputo come sei divertente, avrei annullato il mio viaggio in Bulgaria di domani” Io: “E’ meglio che andiamo se devi partire presto” “Figurati! Gente come me può arrivare all’aeroporto all’ultimo, possiamo accedere direttamente alla pista” (il giorno seguente mi avrebbe mandato la foto a dimostrazione di questa procedura). “Scusa tanto Othman, ti ringrazio della cena e del drink, io domani devo lavorare, se non ti spiace ordino un taxi” “Un taxi che? Ti porto io a Beyoglu!”.

Saliamo in van, dopo avermi detto di essere più bello di Can Yaman e di aver “conosciuto da vicino le cicatrici di Demet Ozdemir”, pretende che torni a Istanbul il mese successivo, come minimo per tre giorni, per presentarmi sua nonna nella yali sul Bosforo, all’ora del çay, quando legge il Times, o per farmi salire sullo yacht di famiglia, per prenotami il soggiorno allo Swiss Hotel e non in un posto turistico come l’Hotel Pera Hills nel quartiere “ormai schiavo degli arabi ninja sauditi..”e blabla… “I will burn your mind! You will forget everything about your work and family””UN-BE-LIE-VA-BLE things!!!”. “Othman, tu vieni in Italia in azienda entro fine mese, ordini il primo container, e poi tornerò a Istanbul, se iniziamo a lavorare assieme”.

Due settimane più tardi, Othman mi avrebbe inviato i biglietti aerei Istanbul-Venezia, il resto sarebbe rimasto da scrivere. Avevo messo piede in camera, mi sembrava il guscio più accogliente del mondo, avevo concluso la mia giornata indenne in pieno regno ottomano anche questa volta, con lo stomaco distrutto dalla tequila e i capelli imbrattati di fumo, che schifo. Beh, in fondo, era stato uno spasso. Buonanotte”.

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