homepage

cinnamomo

è un tentativo di travel writing

si ispira a un’antica droga da cucina, perchè conserva, custodisce, nel tempo e nello spazio
solca i cinque continenti, fondendosi nel dolce, nel salato, come il vero viaggiatore fa
ha un sapore sofisticato, divisivo, non piace a tutti
è uno stimolante naturale, incubatore di pensieri
ha un colore tenue, impersonale, ma ricorda le sfumature di lunghi caffè e taccuini scarabocchiati
porta un nome antiquato, adorabilmente ampolloso, come lo stile di questi scritti, chissà

Sognavo di intraprendere questo viaggio fin da piccola, fulminata dalla civiltà dei faraoni, gli “astri del mattino e della sera”. Ricordo che a otto anni avevo anche assemblato del papiro essiccato e realizzato il mio primo pezzo di carta, fantasticando sul famoso limo della valle del Nilo. Crescendo, a dieci anni dalle proteste di Piazza Tahrir, ho provato a capire cosa ne restasse di quel passato gigantesco, di fronte a noi, giù in Levante, e che cosa significasse l’Egitto oggi. Atterrata a Luxor, mi sono imbarcata su una motonave sul Nilo, attraccando a Edfu, Esna, Kom Ombo, File, Assuan, Abu Simbel, poi con un volo interno ho raggiunto il Cairo e Giza.

Ho portato a termine questo racconto di viaggio, forse perché con gli anni subentrano più o meno delle esigenze di compiutezza, o più che altro perchè sentivo il bisogno di tirare delle somme sulla complessità, sui chiaroscuri di un paese che sa intimorire nel presente, e al contempo interdire, tramite le incomparabili vestigia del passato.

Mentre vivevo a Baku, nell’estate del 2018, sono dovuta uscire dal paese un paio di volte per rinnovare il mio visto turistico. Volendone approfittare per avventurarmi nel Caucaso, ho scelto la vicina Georgia, raggiunta la prima volta via terra e la seconda via aria.

Ho esplorato questa sorprendente e millenaria terra di frontiera su treni, taxi, maršhrutke, da Tbilisi e Mtskheta, fino a David Gareja, al confine con l’Azerbaijan. 

 

Si tratta di un racconto del mio primo viaggio in Terra Santa, nel 2017. L’idea era di prendere parte a un vero pellegrinaggio. Non pretendevo di ritrovare la fede del battesimo, volevo solo “vederne” i luoghi, la ieraticità, semmai fosse stato possibile, e calarmi in un mosaico culturale che ancora non potevo immaginare. Ho visitato Haifa, Nazareth, Tabor, Cana, Cafarnao, il Lago di Tiberiade in Galilea, Betlemme, Gerico, Betania e le Rive del Giordano attraverso i Territori Occupati, e infine, Gerusalemme e Tel Aviv.

 

La varietà di storie, contenuti storici, culturali, ideologici, che ho conosciuto nel corso della mia prima esperienza in Medio Oriente, mi hanno portato a un incontenibile desiderio di scriverne. Perciò, i miei primi assoluti appunti di viaggio sono stati incisi proprio negli ospizi religiosi di questa terra, quando la sera ci ritiravamo nelle nostre camere, o celle. Ammesso che si creda o meno nel destino, in qualche modo questo viaggio ha cambiato la mia vita, aspirazioni e percezioni, inaugurando un capitolo dell’esistenza che è ancora in corso, fatto di curiosità, apprendimento, ascolto, quesiti.

 

Ho trascritto solo la tappa a Tel Aviv e in Galilea. Forse non ho mai aggiustato gli scritti sui giorni in Palestina, perché credo abbiano più valore lasciati lì, imperfetti, istintivi, sul taccuino. O forse non li ho più toccati perché ne sentivo il peso della responsabilità. Magari prima o poi lo farò.

Questo viaggio è avvenuto per sbaglio. Avevo una settimana libera prima di visitare Cipro Nord e Sud, nell’agosto 2019. Così sono finita a Beirut, a mezz’ora di volo da Larnaca, con un’amica che aveva in precedenza condiviso casa con un libanese a Yerevan. Era bastato solo un aperitivo estivo per deciderci a prenotare il volo. All’epoca del racconto non c’era ancora stata alcuna esplosione al porto della capitale, mentre il coronavirus doveva ancora essere scoperto. Il Libano aveva un governo, nel paese già si ventilava il default, ma il dramma valutario sembrava sotto controllo.

Abbiamo vistato tutto il Paese, da nord a sud, dalla costa all’entroterra: Beirut, Tiro, Sidone, Baalbek, Bcharre, Tripoli, Baatroun, Byblos. Non ho mai scritto il finale di questo viaggio, un po’ per pigrizia, ma ho conosciuto l’ineguagliabile e inaspettata bellezza del Libano nella maniera più adorabilmente accidentata e spensierata possibile, forse è per questo che convengo con chi ancora lo definisce un paradiso in terra.

Si tratta di un racconto di viaggio agostano in Tunisia nell’estate 2023, una terra che avevo fin troppo sentito nominare, per ragioni storiche, politiche, migratorie. Sono stati diciotto giorni on the road dal nord al sud del Paese, passando per Biserta, Raf Raf, Tunisi, Al Haouaria, Kelibia, Hammamet, Hergla, Sousse, Monastir, El Jem, Mahdia, Sfax, Djerba, Kairouan.

 

Il Mediterraneo, sempre sullo sfondo, contornava un paese dolce come i suoi gelsomini e fumantino come l’harissa.

 

Ho scritto questi appunti nel corso di un viaggio di lavoro ad Ankara e Istanbul, tra novembre 2022 e marzo 2023. Avendo la fortuna di occuparmi di caffè, la seconda commodity più scambiata al mondo dopo il petrolio, talvolta ho l’opportunità di vivere i momenti culturali che da sempre questa bevanda è in grado di instaurare, a seconda degli stili di consumo di ciascun paese. In particolare, la Turchia si intesta il merito di aver fatto conoscere agli europei il kahve, convogliandolo nei nostri porti dagli ex territori ottomani del Medio Oriente allargato.

 

Tra strani incontri, lunghi çay e caffè, ho attraversato l’Anatolia in treno partendo da Ankara e arrivando alla leggendaria stazione di Sirkeci, ad Istanbul. Attraverso le voci dei loro abitanti, ho provato a comprendere le anime delle due maggiori città di Turchia, scossa dall’ennesimo attentato in Istikbal Caddesi, alla vigilia delle elezioni del maggio 2023.

Go toTop